Parliamo al femminile

Noi non parliamo, bensì siamo parlate dal linguaggio»

— Martin Heidegger

Fin dal principio a Cargomilla è esistita una profonda riflessione su quale fosse il linguaggio migliore da utilizzare, sia nello scritto che nel parlato. 

Abbiamo sempre cercato di usare un linguaggio non escludente e non binario, che utilizzasse dei simboli al posto maschile sovraesteso a cui siamo normalmente abituate.

Normalmente, appunto. Ma cos’è la norma? Da dove deriva? Cosa regge e su cosa si fonda?

Il linguaggio che usiamo è in costante cambiamento, negli anni ha subito profonde modificazioni e si è adattato alla società che lo parlava. 

In questo senso anche l’uso del maschile sovraesteso, che noi diamo per scontato e prevede quindi la naturale inclusione del femminile in un maschile generalizzato, è specchio di una precisa costruzione della società.

Ma chi dice che deve essere per forza così?

Crediamo che il linguaggio sia un potentissimo strumento politico di cambiamento e crediamo che usare un linguaggio che ci rappresenti possa essere la migliore forma di dissidenza e rivendicazione possibile.

È per questo che abbiamo deciso che da oggi useremo solo il femminile sovraesteso (e il maschile intenzionale) per scrivere e per parlare.

Un modo di ribaltare la prospettiva, una maniera di creare una forte rottura e anche, ne siamo consapevoli, del disagio e del dissenso.

Non vogliamo assolutamente rinchiudere il tutto in un sistema a due elementi che non ci appartiene, o imporre un femminile che non deve identificare tutte, e non crediamo nemmeno che questa sia la soluzione. 

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Il nostro lavoro quotidiano va in un’ottica di costruzione di una società che accolga ogni essere umano e faccia delle sfumature del mondo una ricchezza.

E anche in questo senso auspichiamo che il linguaggio possa mutare ed evolversi verso un ampliamento che assuma le svariate differenze esistenti. 

Per questo la nostra posizione attuale non è quella definitiva e continueremo a ragionare e discutere su quali siano le forme migliori per noi come associazione e come persone.

Vogliamo però, ora, attivamente creare una frattura perché è nella trasformazione che si determina il cambiamento, che ci auguriamo possa avvenire.