Stereotipi di genere: l’importanza della consapevolezza e dell’azione

Ospitiamo nel blog di Cargomilla la dott.ssa pedagogista Ylenia Parma, con un approfondimento sugli stereotipi di genere. 

“Scusi, mi può incartare questo giocattolo con una carta da regalo blu? Sa, è per un maschio!”

Ogni volta che si entra in un negozio di giocattoli non è difficile sentire questo tipo di conversazione. Genitori, nonni, parenti, amici, che si assicurano che il genere del bambin* sia coerente con lo stereotipo di genere di mascolinità e femminilità che è socialmente costruito nella nostra società: se è femmina, amerà il rosa, i colori tenui e i giochi di bellezza o di cura, se è maschio amerà le pistole, i colori sgargianti e i giochi di logica… Queste caratteristiche quindi, non sono innate o naturali, ma, anche se non è così, spesso le percepiamo come parte dell’identità naturale di maschi e femmine

Da dove hanno origine questi stereotipi?

Si parte dal principio, dalla nascita con i simboli: due fiocchi colorati, uno rosa per le femmine e uno blu per i maschietti. Bambine e bambini vengono quindi educat* sin dall’infanzia in modo differente, a partire dalle rappresentazioni che vedono, che osservano e …imparano.

Dott.ssa Pedagogista Ylenia Parma

Stereotipi di genere e i giocattoli

Se pensiamo ai giochi per l’infanzia, queste differenze nel colore e nelle funzioni diventano molto più tangibili. Osserviamo come sono composti i reparti dedicati all’interno dei centri commerciali:

  • per le femmine ci sono interi reparti di trucchi, bambole, vestiti, cucine giocattolo dipinte di rosa. Le descrizioni dei giocattoli e le pubblicità con cui vengono pubblicizzati questi prodotti, fanno riferimento ad una dimensione romantica, tranquilla, in cui bambine bellissime e dalla voce angelica giocano al sicuro nelle mura di casa.
  • per i maschi, invece, tutti giocattoli d’azione e da combattimento, assolutamente blu o con colori sgargianti come il rosso, il nero, l’arancione. Le scritte sui giocatoli incitano all’azione, al muoversi, all’essere coraggiosi, al partire per grandi avventure, le pubblicità mostrano bambini che gridano e che si muovono liberamente nello spazio.

Il colore dominante per le bambine, quindi, resta il rosa, forse l’unico con varie sfumature. Questo fenomeno è chiamato pinkizzazione (ovvero, targhetizzare di colore rosa tutto ciò che è considerato femminile per renderlo immediatamente riconoscibile). Inconsapevolmente o meno, a partire dalla scelta dei giochi e dalle rappresentazioni che i bambin* assorbono, si inizia a tessere un percorso biografico differente per maschi e femmine.

stereotipi di genere giocattoli

Gli stereotipi e le “gabbie di genere” 

La pedagogista Irene Biemmi parla di questo fenomeno come “Gabbie di Genere”, ovvero la tendenza in educazione (consapevole o inconsapevole) di far aderire bambini e bambine agli stereotipi che li rappresentano:

  • “Questo è rosa, il rosa non è colore da maschio!”
  • “Sei proprio un maschiaccio, questo atteggiamento da una bambina non me lo aspettavo!”
  • “Piangere è da femminucce!”

Queste e tantissime altre frasi che diciamo ai bambin*, o che i bambin* vedono rappresentate in libri, film, cartoni, hanno un peso. Li addestrano al fatto che nella società esistono due categorie, due gabbie, ben definite di cosa sia il maschile e di che cosa sia il femminile. E che soprattutto, ci sono colori, giochi e comportamenti “da maschio” e “da femmina”.

Come decostruire gli stereotipi di genere

Siamo noi come educatori e genitori a dover iniziare ad intervenire per decostruire gli stereotipi di genere:

i colori – come mi disse una volta Marco, 8 anni, durante un laboratorio di Educazione Emotiva a Scuola – sono solo colori.

Gli stereotipi di genere costituiscono delle categorie pregiudizievoli e precostituite, entro le quali lo sviluppo dei singoli viene forzato a plasmarsi in base ad aspettative sociali stringenti, che mirano a ricondurre la varietà delle differenze individuali in due macrocategorie polarizzate: quella maschile e quella femminile.

Gli stereotipi di genere nei libri per bambini e bambine

Gli stereotipi di genere non li ritroviamo soltanto nelle frasi degli adulti, o nelle pubblicità dei giocattoli, ma riguardano anche e soprattutto le rappresentazioni per l’infanzia: i libri.

Oltre il mondo reale, di uomini e donne che i bambini incontrano nella loro vita, c’è un mondo altro, parallelo, immaginario, simbolico e rappresentazionale, che può, in continuità con il primo, offrire ulteriori conferme ai modelli di genere dominanti: è il mondo delle fiabe, della letteratura per l’infanzia, dei libri di testo. 

Le storie narrate a bambini e bambine hanno grande influenza nello sviluppo dell’identità perché forniscono modelli semplificati in cui è facile identificarsi. In particolare, per quanto riguarda l’identità di genere, le storie propongono modelli stereotipati di mascolinità e femminilità 
e chiedono implicitamente ai loro lettori di assecondare tali modelli immedesimandosi con il personaggio appartenente al proprio sesso. Se è vero che le storie, con i loro personaggi, esercitano una grande influenza, ancora di più i libri adottati nelle classi scolastiche hanno una ricaduta determinante sulla concezione che il bambino crea di se stesso e del mondo circostante.

In particolare, i libri della scuola elementare vengono presentati in un contesto/altro, la scuola, che costituisce il primo approccio dei bambini con una visione strutturata del mondo proposta da una istituzione esterna alla famiglia. La presenza o assenza di certe immagini, la collocazione dei personaggi, così come la loro assenza, assumono significati estremamente importanti, così come la presenza di certi personaggi piuttosto che di altri, e le azioni che essi compiono.

Educazione sessista di Irene Biemmi

Nel testo di Irene Biemmi “Educazione sessista”, l’autrice identifica, nei testi recenti dei libri delle elementari in Italia, alcune caratteristiche, di seguito elencate. Ai protagonisti maschili delle storie sono attribuite cinquanta diverse tipologie professionali, tra le quali: re, cavaliere, maestro, ferroviere, marinaio, mago, scrittore, dottore, poeta, giornalista, ingegnere, geologo, esploratore, scultore, architetto, bibliotecario, scienziato, medico, direttore d’orchestra, etc.


Invece, alle protagoniste femminili soltanto quindici tipologie professionali, tra le quali: maestra (in assoluto la più frequente), seguita da strega, maga, fata, principessa, casalinga, 
etc.


Questi dati dovrebbero farci riflettere su una questione: quante bambine possono desiderare di diventare astronaute, ingegnere, CEO… se le storie e le rappresentazioni di questi ruoli nelle storie che vedono e osservano… non esistono?

Oppure, quanti bambini possono desiderare felicemente di iscriversi a danza classica o di indossare vestiti rosa, se tutto intorno a loro gli ricorda che è qualcosa di sbagliato, vergognoso… da femmine? 

Il rischio, è che intere generazioni di ragazze e ragazzi si affidino ai significati, agli stereotipi, ai pregiudizi dei discorsi dominanti, si definiscano in modo socialmente accettato/accettabile, anziché in uno più rispondente alle loro peculiarità, ovvero che sacrifichino loro potenzialità, i loro futuri possibili, per aderire alle norme dominanti.


In Educazione, rischiamo quindi che i bambini non possano vivere e sperimentare emozioni considerate “fragili” come la tristezza, l’empatia, la tranquillità e la dolcezza, mentre allo stesso tempo viene negata alle bambine la possibilità di arrabbiarsi, di esprimersi col corpo, di “non stare ferme a guardare”.


Divario retributivo di genere e il fenomeno del carico mentale femminile

Gli stereotipi di genere nell’infanzia alimentano quindi altri fenomeni sociali come il gander pay gap (gli uomini, visto il ruolo ruolo di comando e di leadership, devono mantenere la famiglia ed essere pagati più delle donne, che possono sacrificarsi in quanto naturalmente dotate di maggiore empatia e competenze di cura), e il fenomeno del carico mentale femminile (la donna è portata naturalmente ad essere multitasking e a occuparsi efficacemente della casa e dei figli).

Gli stereotipi di genere influiscono anche su ciò che chiamiamo segregazione formativa: in lauree umanistiche o che prevedono competenze di educazione, formazione e cura, la quasi totalità degli iscritti è sempre di genere femminile, mentre negli ambiti più meccanici/tecnico scientifici c’è ancora una grande prevalenza maschile. (FONTE: Miur)

Le rappresentazioni, i giochi, le pubblicità, non sono neutri, ma influiscono sull’orientamento dei nostri desideri, e in generale hanno un peso nella costruzione della nostra identità.

Educazione alla parità di genere

Cosa possiamo fare come educatori, genitori, nonni, zie.. in pratica?


Possiamo certamente cercare di educare i bambini a seguire le proprie vere passioni, non catalogandole nei contenitori di “maschile e “femminile”, attraverso nuove narrazioni, libri, storie che non siano permeate da stereotipi.

Nuove case editrici come Settenove, Giralangolo e TerrediMezzo stanno pubblicando moltissime proposte per educare alla parità di genere. Oltre a questo, gli sterotipi si decostruiscono con costanza ogni giorno. Proporre una pluralità di rappresentazioni e modelli ai bambin*, l’esempio concreto ad esempio, di divisione equa in casa del lavoro domestico, smettere di utilizzare frasi stereotipiche “no, è da maschio” vs “no, è da femmina” ma ribadire che non esistono giochi, colori o emozioni appartenenti ad un genere.

Il cambiamento, deve avvenire in noi educator*: noi per primi dobbiamo decostruire i nostri stereotipi interiorizzati per educare alla parità.

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Bibliografia

Abbatecola E. Stagi L., (2017) Pink is the new black, Stereotipi di genere nella scuola dell’infanzia. Rosenberg & Sellier Editori in Torino srl

Albanesi C., Lorenzini S. (2011) Femmine e maschi nei discorsi tra compagni di classe. Clueb, Bologna

Bellotti E. G. (2014) Dalla parte delle bambine. Feltrinelli, Milano

Biemmi I. (2009) Genere e processi formativi. Sguardi femminili e maschili sulla professione insegnante. Edizioni ETS, Pisa

Biemmi I. (2017) Educazione sessista. Stereotipi di genere nei libri delle elementari. Rosenberg & Sellier Editori in Torino srl

Gamberi C., Selmi G., Maio M.A. (2010) Educare al genere. Riflessioni e strumenti per articolare la complessità, Carocci, Roma

Priulla G. (2011) C’è differenza. Identità di genere e linguaggi: storie, corpi, immagini e parole. Franco Angeli, Milano

Biemmi I. Leonelli S. (2016) Gabbie di genere. Retaggi sessisti e scelte formative. Rosenberg & Sellier Editori in Torino srl