Parlare di consenso sin dalla prima infanzia è fondamentale per costruire relazioni basate sul rispetto, la fiducia e l’autonomia.
Il consenso non è solo un concetto da affrontare in età adulta, ma una competenza che si impara giorno dopo giorno, attraverso l’ascolto attento dei propri limiti sia fisici ma anche emotivi.
Educare al consenso significa quindi accompagnare le persone piccole a conoscere e rispettare il proprio corpo, i suoi confini e i suoi bisogni, significa riconoscere le proprie emozioni, dandogli un nome e accogliendo il loro valore, significa anche fare lo stesso lavoro con i limiti delle altre persone.
Educare al consenso non significa semplicemente insegnare a dire ‘sì’ o ‘no’, ma rappresenta un percorso fondamentale che, sin dalla primissima infanzia, pone le basi per un reale cambiamento politico e culturale. Un cambiamento che ruota intorno ai valori del rispetto reciproco e dell’ascolto empatico, elementi imprescindibili per costruire un’altro tipo di società.
Perché parlare di consenso sin dalla prima infanzia
Il consenso si impara nei gesti quotidiani: esempi per casa e scuola
Il consenso non è solo una parola, ma un modo di vivere le relazioni, che si costruisce fin da subito, nei gesti più semplici della quotidianità.
Nei nuclei di origine, così come nei contesti educativi, ogni momento può diventare un’occasione preziosa per far capire alle persone piccole come riconoscere i propri bisogni e rispettare quelli delle altre persone.
Piccole attenzioni, ma che fanno un’enorme differenza possono essere l’inizio:
chiedere sempre prima di toccare;
invitare a esprimere un’opinione e ascoltarla;
aspettare che una persona piccola sia pronta prima di abbracciarla
baciarla o invadere il suo spazio fisico;
prestare attenzione a dichiare le azioni che sembrano più scontate.
Il rispetto dei limiti del corpo infatti si manifesta non solo nei momenti di affetto, come abbracci o baci, ma anche nelle situazioni quotidiane che coinvolgono lo spazio personale: vestirsi, cambiare il pannolino o vivere momenti privati come quelli nel bagno o nella cameretta.
È importante porsi sempre in ascolto, domandare, prima di fare qualcosa, che può entrare nello spazio fisico altrui, e accogliere con attenzione un “no” o un segnale di disagio.
Questo non significa non svolgere quelle mansioni di cura che come persone adulte di riferimento dobbiamo svolgere, ma significa mostrare che il rispetto verso il corpo e l’emotività altrui è sempre al primo posto.
Questo modo di fare aiuta le persone piccole a sentire il proprio corpo come un luogo sicuro, riconosciuto e rispettato, e a sviluppare una consapevolezza profonda dei propri confini.
Oltre che permette di costruire relazioni basate sulla fiducia e la costruzione di un reale spazio educativo consapevole.

Diritto al “no”: come riconoscerlo, rispettarlo, valorizzarlo
Il diritto a dire “no” è una delle basi dell’educazione al consenso e va insegnato e valorizzato sin dalla prima infanzia.
Le persone piccole devono imparare che il loro “no” è importante, legittimo e va ascoltato con rispetto, senza forzature o tentativi di persuasione.
Riconoscere un “no” significa anche saper leggere i segnali non verbali, come l’espressione del viso, il linguaggio del corpo o il silenzio, che possono indicare disagio o rifiuto.
Quando una persona adulta accoglie il “no” con rispetto, sta contribuendo a costruire un immaginario in cui la protezione e cura dei propri confini sono considerati elementi fondamentali per crescere, senza doversi sentire in colpa o inadeguate rispetto a delle aspettative.
È quindi essenziale creare spazi di fiducia dove le persone piccole possano esprimersi liberamente, senza paura di essere giudicate o obbligate.

Consenso ed educazione affettiva e rispetto dei confini: cosa può fare chi accompagna la crescita
Le persone adulte di riferimento hanno un ruolo fondamentale nel promuovere il consenso attraverso l’educazione affettiva.
Questo significa creare un ambiente in cui le emozioni e i bisogni di ciascuna persona piccola vengano accolti e rispettati, insegnando allo stesso tempo a riconoscere e rispettare i confini propri e altrui.
Attraverso dialoghi, ascolto empatico e pratiche quotidiane, è possibile aiutare le persone piccole a sviluppare competenze relazionali basate sull’ascolto, la cura e la responsabilità affettiva.
Riconoscere un’emozione, significa poterla poi verbalizzare e legittimarsi nella possibilità di farne esperienza.
Questa competenza ovviamente si forma con il tempo, è un processo che inizia dalla nascita, quando le emozioni si sentono e si esprimono soprattutto attraverso il corpo. Anche per questo è fondamentale, una volta acquisita la capacità verbale, mettere in relazione il sentire corporeo con la competenza lessicale in modo da trasformare le emozioni, piacevoli o spiacevoli che siano, in comunicazione efficace, non violenta ed empatica.
Non è pensabile arrivare all’età adulta con questo tipo di consapevolezza se non si è iniziato un percorso di alfabetizzazione emotiva fin dall’età della scuola dell’infanzia.
Per approfondire, puoi leggere il nostro articolo dedicato all’educazione affettiva.
Consenso e prevenzione della violenza di genere: il legame che parte da lontano
Ma cosa c’entra il consenso con la violenza di genere? Perché come educatrici e attiviste ci teniamo così tanto a promuovere questo tipo di educazione anche e soprattutto per prevenire tutti quei comportamenti di violenza strutturale su cui si fonda la piramide della violenza?
Educare al consenso sin dalla prima infanzia significa costruire fondamenta solide per prevenire la violenza di genere, intervenendo prima che si radichino stereotipi e dinamiche strutturali su cui si fonda la nostra cultura eterocispatriarcale.
In questo percorso, è fondamentale che tutte le persone piccole, e in particolare quelle socializzate come uomini, imparino fin da subito a riconoscere e rispettare i propri limiti e quelli altrui, e ad accogliere con serenità la frustrazione del “no”.
Questo significa insegnare loro a gestire il rifiuto senza sentirsi così fragili da dover proiettare sull’oggetto della loro frustrazione il loro senso di inadeguatezza, sviluppando strumenti emotivi e relazionali efficaci che permettano di affrontare i conflitti e i bisogni non soddisfatti in modo rispettoso e costruttivo.
Il modo in cui le persone socializzate come uomini apprendono a stare nella frustrazione del “no” è cruciale: spesso, infatti, la nostra cultura associa il “no” a una perdita di potere o di controllo, che può sfociare in comportamenti violenti o abusanti.
Rompere questo circolo è possibile solo promuovendo fin dalla prima infanzia un’educazione al consenso che valorizzi l’ascolto, l’empatia e la responsabilità emotiva.
Accompagnare le persone piccole in questo cammino significa dunque lavorare per un futuro in cui il rispetto, l’ autodeterminazione e la cura reciproca siano i pilastri delle relazioni, promuovendo una cultura che valorizzi il consenso come pratica quotidiana e imprescindibile.
Libri e risorse per educare al consenso nella fascia 0-6 anni
Educare al consenso può essere supportato anche attraverso libri e materiali pensati appositamente per le persone piccole e chi le accompagna.
Libri illustrati che parlano di emozioni, consapevolezza corporea e offrono immaginari e narrazioni altre possono diventare strumenti preziosi per facilitare il dialogo.
Ecco alcuni dei libri per la fascia 0-6 e 6-11 che per fortuna si stanno sempre più pubblicando su questa tematica e che anche noi usiamo spesso con le persone piccole con cui entriamo in relazione.
- Il corpo è mio di Claudia Pintore
- Posso dire di si e posso dire anche di no di Je Grandis e Bianca Morelli
- Dai un bacio a chi vuoi tu di Rachel Brian
- Sesso è una parola buffa di Cory Silverberg
Il libro Consenso possiamo parlarne di Justin Hancock è adatto per le persone in adolescenza e anche quelle adulte che vogliono attività. spunti e strumenti per approfondire il tema del consenso.

Parlare di consenso senza parlare di sessualità: si può, e si deve
Spesso si pensa erroneamente che parlare di consenso significhi necessariamente parlare di sessualità.
Per quanto sia per noi indispensabile affrontare anche tematiche relative a corpo e sessualità fin dalla primissima infanzia, educare al consenso è un tema molto più ampio che include molti sotto argomenti, tra cui quello della sessualità.
Il consenso riguarda innanzitutto il rispetto del corpo, delle emozioni e delle decisioni di ogni persona piccola.
È fondamentale sin da piccole conoscere e riconoscere i propri limiti fisici, ma anche emotivi, per poterli definire con chiarezza e imparare a rispettarli senza sentirsi in dovere di soddisfare aspettative altrui.
Questa conoscenza profonda di sé permette anche di accogliere e rispettare i limiti delle altre persone, creando uno spazio di rispetto reciproco e di ascolto attento.
Educare al consenso in questo senso significa preparare le persone piccole a vivere relazioni empatiche e in ascolto, in cui il rispetto dei confini è la regola e non l’eccezione, in cui il “no” è “no” e gli accordi si fanno all’interno di una relazione alla pari in cui le dinamiche di potere si attivano solo ed esclusivamente se c’è volontà di entrambe le parti di attivarle (pensiamo alla sessualità kinky per esempio).
Prescindere da questo tipo di approccio significa rendere impossibile la creazione di un terreno sicuro, che permetterà in futuro di affrontare la sessualità con consapevolezza.
Il consenso e il ruolo degli adulti: come si diventa modelli di rispetto
Come sempre diciamo, accompagnare alla crescita le persone piccole significa si fornirsi di un buon bagaglio teorico, ma significa soprattutto creare spazi consapevoli, in cui l’esempio è il vero nodo centrale, in cui siamo noi in primis a mostrare che esistono una molteplicità di possibilità rispetto alla narrazione egemonica in cui siamo immerse.
Le persone adulte di riferimento hanno in questo senso una responsabilità enorme: diventare esempi concreti di rispetto e ascolto.
Le persone adulte di riferimento devono mostrare con i fatti cosa significa chiedere permesso, accogliere un “no”, rispettare i confini e valorizzare le emozioni altrui.
Solo così le persone piccole possono imparare osservando e vivendo esperienze positive, interiorizzando il valore del consenso.
Questo non è possibile se non ci si mette prima di tutto in discussione, riflettendo sui propri comportamenti, sul perché del nostro disagio davanti a certe tematiche, sulle profonde motivazioni che ci legano a nostra volta a determinati schemi comportamentali.
Decostruire è il primo passo per costruire un cambiamento reale che promuova una cultura del consenso che duri nel tempo.
Domande frequenti sull’educazione al consenso nella prima infanzia
Parlare di consenso con le persone piccole può sollevare tanti dubbi, anche per chi si impegna ogni giorno a crescere bambine e bambini nel rispetto reciproco. Come spiegare concetti complessi in modo semplice e rispettoso? Come rispondere con consapevolezza alle situazioni quotidiane che coinvolgono affetto, spazio personale e autonomia? In questa sezione abbiamo raccolto alcune delle domande più frequenti sull’educazione al consenso nella fascia 0-6 anni, con risposte pensate per chi accompagna la crescita con cura e attenzione.
Come spiegare il concetto di “permesso” alle persone piccole?
Con parole semplici, si può raccontare che il permesso è come chiedere “posso?” prima di fare qualcosa che riguarda l’altra persona, per rispettare le sue emozioni e il suo corpo.
Imparare a chiedere prima di dare per scontato che si possa fare.
Che differenza c’è tra consenso e obbedienza?
Nel consenso esiste la possibilità di autodeterminarsi, scegliendo liberamente e in modo consapevole.
Obbedire è l’eseguire un ordine anche senza essere d’accordo, spesso per paura o sulla spinta di promessi premi (o punizioni). Non c’è ascolto di chi si è veramente e di quali sono i bisogni alla base.
Il consenso implica rispetto e volontà, non solo esecuzione.
Perché è importante non forzare un abbraccio o un bacio?
Perché ogni persona piccola ha il diritto di decidere come esprimere affetto, e forzare un gesto può farla sentire a disagio o violata nel proprio spazio personale, soprattutto quando ancora non ha strumenti per verbalizzare o manifestare dissenso.
Come reagire se una persona piccola dice “no” a un gesto affettuoso?
Bisogna accogliere il “no” con rispetto, senza insistere, e far sentire che va bene anche non voler ricevere affetto in quel momento.
Anche qui è fondamentale accogliere le nostre reazioni di fronte a quel rifiuto, osservarle e scavare in fondo.
Perché diamo per scontato che le persone piccole ci debbano affetto incondizionato?
Esistono giochi o attività che aiutano a sviluppare la consapevolezza del corpo?
Sì, esistono molti giochi di movimento, attività di ascolto del proprio corpo, e letture che aiutano le persone piccole a conoscere e rispettare il proprio corpo e i suoi confini.
Alcune letture le abbiamo consigliate in questo articolo, altre attività si possono mettere in atto ogni giorno anche a casa (o a scuola).
Nella primissima infanzia si può giocare a nominare le parti del corpo, si può giocare con lo spazio e con il corpo, usando fili colorati, tempere e altro.
Andando avanti con l’età quando lo spazio del bagno diventa uno spazio attivo si può provare a mettere un semaforo sulla porta: rosso, non ho piacere a condividere il bagno. Verde: ho piacere a condividere il bagno.